Articolo pubblicato su www.forumnews.it
Un tempo le chiamavano corporazioni, arti e mestieri, il popolino, i
bottegai, gli artigiani: una classe sociale vera e propria che animava
il centro città e l’agorà. Le botteghe sono diventati negozi, i
laboratori attività commerciali, i bottegai proprietari, gestori e,
usando il gergo più in voga, imprenditori. Qualche nonno ancora
rimpiange gli antichi mestieri di una volta tramandati di generazione in
generazione e spesso bistrattati dalle giovani generazioni: falegnami,
fabbri, calzolai, orologiai, arrotini. Mestieri le cui origini si
perdono nella notte dei tempi ma di cui, nel 2012, comunque non possiamo
fare a meno. Le botteghe chiudono ma le radici resistono e sembrano non
voler tramontare. Decidiamo un pomeriggio di fare un viaggio tra le
arti e i mestieri di sempre, quei negozi che ci sono sempre stati, che
ormai fanno quasi parte dell’arredamento urbano, quando passi con la
macchina non ci fai più caso ma quando chiudono è una tristezza
collettiva. Il fruttivendolo nasce con il campo coltivato migliaia di
anni fa quando l’uomo sentì l’esigenza di procurarsi da mangiare. Con la
nascita e la diffusione dei grandi ipermercati che fine avranno fatto?
La fruttivendola di Minturno con un sorriso fiero mi rivela: «Sono
dodici anni che ho questa attività e la mantengo in piedi da sola con
tanto impegno. Mi do da fare. Non ho risentito tanto della concorrenza
dei supermercati perché molti miei clienti dopo che hanno provato i
prodotti dei centri commerciali hanno beccato le fregature e sono
tornati da me. Questo vuol dire che è ancora importante avere il
negoziante di fiducia. Molti tornano lamentandosi e dicendo “ci è andata
male”, io giustamente rispondo “vi sta bene”». La nostra amica
fruttivendola mi confessa di non aver risentito molto della crisi anche
grazie a qualche servizio speciale: «mi rifornisco spesso dagli stessi
contadini in più io personalmente pulisco, condisco, cucino le verdure e
i prodotti offrendo delle vaschette già pronte». Se il supermercato
affascina per le vetrine, il mega volantino di lancio e la presunta
super offerta il cliente preferisce ancora il fruttivendolo di fiducia.
Ipotizzando che sia un caso isolato continuiamo nel nostro viaggio tra i
sapori di un tempo. Incontriamo Giovanni, panettiere da una vita, nato
con le mani in pasta grazie agli insegnamenti del padre, dal 1998 ha
un’attività a Scauri. Il cartello arancione “Cedesi attività” non ci fa
ben sperare eppure l’apparenza inganna. “Vendo non perché gli affari non
vadano bene ma per altri impegni, ho anche altre attività”. Venticinque
anni davanti al forno, l’attività di Giovanni, nonostante la crisi, fa
parte della categoria delle botteghe lontane dal tramonto: «Le botteghe
davanti ai supermercati resistono e come. Con la crisi quest’anno
abbiamo perso il 50% dei guadagni. Per racimolare 300 euro al giorno
quanti panini a 0,20 euro devo vendere?». Il nostro amico ammette che il
pane è ancora il nutrimento che nessuno si nega, cibo per antonomasia
della sopravvivenza ma per cornetti, pizza e pasticceria «la gente non è
più disposta a spendere come una volta». Se la fruttivendola e il
panettiere potrebbero essere giustificati dai loro prodotti che in un
modo o nell’altro rientrano tra quelli di prima necessità andiamo a
trovare un calzolaio erede del ciabattino e dello “sciuscià”: “Cosa le
devo dire? Per fortuna che c’è gente che compra ancora le scarpe nuove.
Con questi cinesi non vale la pena farsi riparare le scarpe. Con cinque
euro ne compri un paio nuove ma resistiamo. Tra tacchetti da sostituire e
qualche scollatura da riparare andiamo avanti”. Dalla fruttivendola una
coppia di sposi che “durano da tanto”, mi dice la signora, fa insieme
la spesa e lui gentilmente porta le buste della moglie, davanti alla
panetteria la commessa diciassettenne mi dice “anche io vorrei fare la
giornalista: che bello!”, dal calzolaio il vecchietto senza tempo la cui
barba non cresce mai legge il giornale sullo sgabello di sempre
avvisando il proprietario dei nuovi entrati. Il mondo della bottega è
questo: una parte di società che ha deciso di non guardare al tramonto
ma sempre ad una nuova alba.
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